Uber torna sotto processo
Dopo le continue proteste dei tassiti che hanno più volte bloccato le più importanti città d’Italia, Uber torna sotto processo al tribunale di Roma. Per i pochi che ancora non lo conoscessero, Uber è un’azienda californiana che tramite un’applicazione un’applicazione mette in contatto diretto passeggeri e autisti privati. In molte città del mondo, quello che non è ancora fermo al 1974, Uber è una realtà affermata sia dal punto di vista del trasporto urbano che da quello prettamente economico. Sì, perché tramite un’idea semplice, la startup di San Francisco è oggi tra le aziende più redditizie al mondo. Applicazioni come questa o come il carshering, sono forse una (non l’unica) soluzione per il traffico delle metropoli. Ovviamente però, Uber si scontra con i servizi NCC e Taxi delle città italiane. Questi, infatti, non hanno mai gradito particolarmente qualsiasi forma di concorrenza, preferendo gestire il monopolio del trasporto non di linea nelle grandi città: un atteggiamento da vera e propria lobby.
Oggi Uber torna sotto processo dopo che una sentenza del 2015 del Tribunale di Milano aveva dichiarato illegale UberPop, il servizio che permetteva a chiunque di registrarsi come autista e mettere a disposizione la propria auto per gli utenti dell’App. Ovviamente però alla lobby dei “tassinari” questa soluzione non è bastata. I servizi basilari di Uber sono offerti da autisti professionisti e dotati di regolare licenza, esattamente come i Taxi o gli NCC: l’unica differenza sono le tariffe competitive offerte dall’applicazione, oltre alla sua maggior praticità e modernità d’utilizzo. Vista l’enorme lacuna legislativa sull’argomento, sono i tribunali che, per adesso, hanno tenuto banco sulla vicenda dato che nessuna forza politica ha ad oggi preso provvedimenti sul tema. La battaglia in tribunale è proseguita a Dicembre 2016 quando è stato notificato a Uber un procedimento d’urgenza per concorrenza sleale. Il 7 Aprile, il Tribunale di Roma, intima a Uber di bloccare il servizio in Italia. Oggi i giudici sentiranno le parti: a difesa di Uber ci sarà Altroconsumo e l’Antitrust.
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